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Umbria

“Fugge l’Umbria dall’occhio e tu nel cuore
penetri a fondo e mi racconti l’Umbria;
lembi di cielo perso e verdi lance
di cipressi confondi nel tuo amplesso
di nuvola leggera.[…]”

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Forse significa soltanto ombra: una terra ombrosa popolata d’alberi, coperta da foreste. Ci sono tante piante e pochi uomini: ottocentomila, dispersi su un vasto territorio, misterioso. Una terra solitaria, per meditare: all’ombra di un faggio, di un abete. Terra d’ombre, luogo della memoria. La propria ombra, quella dei trapassati, della Storia. Si incontra quella di Chiara: diafana, leggera, immacolata. Quella di Francesco: silhouette di un bambino e talora di un gigante. L’ombra disperala di Jacopone. L’ombra di Rita da Cascia, di santa Scolastica, di san Benedetto: personaggi fatti di cielo, ombre di paradiso.

D'un tratto, mentre si contempla questo silenzio di preghiera, si vedono le ombre agitate di Erasmo di Narni detto il Gattamelata, di Braccio da Montone, di Bartolomeo di Alviano, di Malatesta Baglioni: ombre puntute, spavalde e crudeli come quelle di Vitellozzo Vitelli e Niccolò Piccinino: i signori della guerra. I capitani di ventura che vendevano morte al soldo dei Principi. Terra di contrasti, d’antinomie, di paradossi. Terra di miracolo. Le città sono arroccate sulla sommità di un poggio e talvolta, quando la nebbia nasconde le valli, sembrano frammenti di cielo che vagano silenziosi e impauriti avvolti di bellezza. Una casa abbraccia quella vicina c la stringe di paura, ma con l’armonia dell'arte. Il miracolo della bellezza: luoghi costruiti per essere parte d’una città del cielo, non d’un angolo di terra. Domina ancora l'ombra di una vita lontana, d’una visione del mondo e dell’uomo che appartengono al museo dell’umanità. L'ombra d’un uomo che entrava in chiesa per ritrovare l’Eterno e muto ascoltava parole che sapevano di mistero. Si udivano solo litanie di paura e canti di pietà. Ora dappertutto è bestemmia e maledizione. Qui, in Umbria, si ritrova l'ombra d'antichi eremiti, nascosta tra i monti Martani, tra i Sibillini. Uomini che si celavano al mondo per essere visibili a Dio. lo non so se gli uomini hanno creato gli dei o un qualche Dio impazzito ha generato l'uomo: in ogni modo il bisogno di Dio è forte. L’Umbria è avvolta di sacro. Piena di dèi. È straordinario sentirsi vicino ad una Madonna o ad un Padre che sa d’eterno e di pietà. Quando la puzza d uomo è troppo intensa, poter scappare vicino ad un Dio riempie una vita altrimenti soffocata. Ecco la storia degli dèi. ecco l’Umbria, terra di dèi. Chiese dappertutto, cattedrali in ogni più piccola città. Grotte d’eremiti dentro ogni montagna, monasteri ovunque vi sia silenzio.

Qui, in questa terra, vivono più dèi e santi che uomini. L’uomo del tempo presente ha perduto anche in Umbria il suo sapore di cielo: puzza di sterco umbro. Ma dentro questa scenografia d'ombre, dentro queste città della Storia, egli diventa gradevole, i suoi gesti si ingentiliscono e persino una bestemmia sembra sussurrare una antica giaculatoria. L’uomo del tempo presente vive di storia passata e respira ancora incenso e mirra. C’è anche in Umbria il pericolo che il presente ingigantisca e ogni Porziuncola si perda nella immensità di una basilica, si perda la bellezza del piccolo: quel minimalismo che appartiene alla grandezza del nulla. Allora si vende il sacro, il profumo del passato: come mercanteggiare un pezzo della propria storia e credere di vivere. Del resto, una terra piena di santi, è necessariamente piena di demoni. Terra di uomini che pregano tra uomini che bestemmiano. Di donne che si chiudono nell’eremo mentre altre donne aprono il proprio ventre ai quattro venti. Gente che cerca Dio, gente che vende Dio per accumulare denaro, travestita da prete. Ad Assisi i comunisti si occupano di Chiara e Francesco e così amministrano il bisogno di Dio. Uomini d'Umbria, avvolti d’ombre e di storia. È difficile vivere quando si è sommersi di ricordi. È arduo costruire il presente con i pezzi del trapassato. Ogni pezzo d'Umbria è custode di un museo, d'un frammento d'archeologia dell’uomo. E sempre più l'uomo ha bisogno di ritrovarsi in una cantina del suo passato. Deve ubriacarsi di passato per ritrovare se stesso. Com'è differente un luogo di morti da uno in cui rivivono i morti! Tra un cimitero e un museo. Lo spettro di Terni. Una città che sembra venuta dal Nord, massacrata e poi sbattuta in una terra di cielo. Terni è orrenda, puzza di guerra, di distruzione. Mostra muscoli d'acciaio e non sta neppure in piedi. Una città del tempo presente, dove la ricchezza è fatta di ferro, il futuro è fatto di fame e il passato è stato distrutto da un turbinoso vento di guerra. Una città che spaventa poiché si riflette dentro un mondo che vuole colorarsi d'eterno e vivere di illusione. Che stupenda è l’illusione nei confronti di un’acciaieria, il sogno rispetto alla realtà contaminata d’automi arrugginiti. Amo questa terra d'ombre e qui corro sovente a riempirmi di morte, a ritrovare uno spirito trapassato, che mi appartiene. Amo questi luoghi silenziosi, la voce d’un dio che forse è nato qui, costruito da gente che non aveva nulla, se non paura. Un dio della paura che domina ogni paura. Corro qui, in quest’Umbria benedetta e qui prego e bestemmio. Qui indosso una tunica d’eremo e sfogo le mie passioni. Un eremo ormai mi eccita più d'un postribolo e una monaca molto più d’una meretrice. Corro sempre dalle clarisse della Chiesa di santa Chiara ad Assisi per ascoltare la loro preghiera che esce furtiva dal Coro. Mi eccito di passione. Per molti anni mi sono nascosto in Toscana, ora la salto e raggiungo l’Umbria. Terre divine e opposte. Amo più i frati dei cardinali. Non sopporto più gli intelligenti e i furbi: sono innamorato della stupidità sincera. In Toscana domina la grandezza, qui in Umbria la meditazione e, dunque, la paura. Se uno medita e si esalta è folle, se si rattrista e ha paura appartiene alla mia stessa follia. Da questa terra emana una visione dell’uomo e della vita particolari: occorre coglierli nel silenzio, andando da un luogo ad un altro come in un antico pellegrinaggio. Occorre vivere l'Umbria e per questo bisogna fermarsi: l'Umbria è un mondo intero, un continente, non una piccola regione d’Italia. Qui il tempo ha un ritmo differente perché tutti gli orologi segnano anche l’eterno e l'inutile. E con queste coordinate è difficile correre e impossibile star fermi. L’Umbria del tempo, l'Umbria oltre il tempo. Nel silenzio del tempo, l'uomo ha cercato Dio. In questa terra l'uomo si è interrogato sul significato del tempo e preso dal limite e dalla paura ha scoperto la preghiera: un'antica terapia. Qui, in Umbria, la teologia non ha trovato radici, come se la ragione fosse impotente di fronte alla paura. Qui Dio è fatto di mistero non di logica; di poesia non di sillogismi; d’amore non di calcolo. Un dio per tutti. Un dio per gli ignoranti, per la gente che conosce il terrore del potere. Il dio della cella non quello dei palazzi. Un dio della campagna non dei castelli. Terra piena di monasteri, di cenobi: piccole comunità dove le cose non contano e comunque appartengono a tutti. Società che hanno vissuto un comunismo antico. La proprietà in monastero sarebbe paradosso, e così la lotta per il successo; semmai il successo sta nella rinuncia dell’oro e san Francesco lo ha testimoniato. Una terra dove sopravvivere, non arricchirsi. Una terra che possiede tutto quanto serve a vivere l'eterno e nulla di ciò che è invece indispensabile a trascorrere il tempo terreno. Qui ognuno scopre il cielo e il bisogno d'un dio. Qui sono nati gli dèi, qui la paura li ha generati: di paura è fatta la possenza degli dèi. E l’Umbria è piena di dèi: figli della paura. Qui tutti hanno un dio, anche chi non lo vorrebbe, in questa terra si sente una puzza di dèi. Non si mostrano con la ragione, che produce solo mostri, ma con l’odorato: lo stesso che fa trovare il tartufo a Norcia. Un uomo che sente dio è più uomo di chi si sente Dio. Gli dèi dell’Umbria sono umili; gli dèi di Roma sono incipriati e vivono nei palazzi. Un francescano è orrendo davanti alla perfezione d’un cardinale romano. disturba come una meretrice di strada vicino ad una suora raccolta in preghiera. In questa terra ho vagato a lungo e il mio naso si riempiva di nulla, un nulla che sapeva di cielo. Il puzzo del potere scompariva lontano e qui, tra scenografie incredibili, incontravo me stesso. Una terra d’avventura per riscoprire se stessi, quell’io nascosto, incatenato dalla follia del tempo.

 

Vittorino Andreoli

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